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20 giugno 2009
Soviet + elettrificazione?
Ecco il mio modesto contributo alla riunione del Lingotto il 27 giugno: E' il momento. Quale congresso, quale partito. Per appassionati del tema. Magari riesco pure ad andarci...
Se il comunismo, per Lenin, era soviet + elettrificazione, il progetto del Partito Democratico, per me, dovrebbe essere partecipazione + energia rinnovabile, o non sarà nulla.
Il progetto di futuro che dobbiamo darci, infatti, deve partire
necessariamente dalla comprensione profonda del cambiamento storico in
atto: la socialdemocrazia è stata in grado di indicare un modello di
società solidale - il modello sociale europeo - adatto al periodo dello
sviluppo rapido della produzione e della società dei consumi, a sua
volta reso possibile dalla doppia rivoluzione energetica del carbone e
poi del petrolio.
La capacità di risposta della socialdemocrazia è stata tanto più
efficace quanto più le sua analisi partivano da una corretta e completa
interpretazione dei meccanismi del capitalismo industriale e della
crescita della produttività.
Ora, il periodo dello sviluppo rapido della produzione e del consumo
senza freni è alle nostre spalle, non solo e non tanto per la grande
crisi finanziaria globale, ma semplicemente perché vivremo, nel
prossimo futuro, il progressivo esuarirsi delle fonti energetiche
fossile e, quindi, una radicale riduzione della produttività consentita
da tali fonti.
E' quindi necessario proporre un nuovo modello di società solidale,
basato su una nuova interpretazione del mondo, che tenga conto del
limite delle risorse disponibili e punti, strategicamente, alla
sostituzione delle energie fossili con le energie rinnovabili.
Se poi si considera che le energie rinnovabili richiedono un approccio
di tipo distribuito, è chiaro che il modello di società da costruire
sarà necessariamente di tipo più democratico e partecipato: la
concentrazione di potere in poche mani tipica di una società basata sul
petrolio, dovrà cedere il passo ad una distribuzione di energia e di
potere, ad una molteplicità di fonti, alla invenzione e alla gestione
di diversi modelli di organizzazione e di vita, fra loro cooperanti in
un mondo aperto alla diversità.
Quanto sopra è certamente schematico e semplificatorio. Però
sinceramente mi sembra molto più importante stabilire questi principi
base del PD che vorrei, piuttosto che dibattere all'infinito di
meccanismo congruessali, come si rischierà di fare anche il 27 giugno
al Lingotto.
Su tali meccanismi, comunque, la mia idea è molto semplice: lo Statuto
non può essere cambiato in corsa, ma nulla impedisce ai piombini e a
chi li vuole seguire di provarsi nella tenzone congressuale, con le
regole date. Credo che non possiamo continuare ad aspettare un turno
che non verrà mai. Che Civati o Scalfarotto o Serracchiani si
candidino finalmente, senza tanti tatticismi, alla segreteria del
partito. Con un programma che, per quanto mi riguarda, deve per forza
avere al primissimo punto la costruzione di quel nuovo modello di
società di cui dicevo sopra. Perché in caso contrario, se ci si
barcamena nel solito discorso generico della società aperta e moderna,
della laicità, ecc. - tutte cose giuste, per carità - senza individuare
l'obiettivo forte della trasformazione del mondo, si manca l'obiettivo
e, tra l'altro, non si è poi così diversi dagli altri.
Ecco, mi sembra che tutti dobbiamo ricordare che l'unica sinistra
vittoriosa in Europa, nella recente tristissima tornata elettorale, è
quella molto verde e molto europeista di Daniel Cohn-Bendit.
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